mercoledì 2 marzo 2011

Il Feltrino nei guai

COMUNICATO STAMPA DEL 02 MARZO 2011

I lavori di sistemazione idraulica sul Feltrino aggravano le condizioni del fiume

Per il WWF sono state disapplicate le direttive della Regione Abruzzo in materia di ingegneria naturalistica


il Feltrino "sistemato"
LANCIANO – Giorni fa gli Organi di informazione hanno annunciato l’avvio dei lavori sul fiume Feltrino. Si tratta del 2° lotto di lavori di sistemazione idraulica per un ammontare di circa 500 mila euro.

Gli amministratori locali si sono affrettati a definire tali lavori come di “pulizia del fiume” e di “risanamento”.

Purtroppo le cose non stanno così. Non solo non si è vista in tutti questi anni una sola iniziativa per la tutela del fiume ma addirittura questi lavori compromettono definitivamente lo stato vitale del sistema biologico del fiume.

Dichiara il dott. Sante Cericola, esperto WWF di gestione degli ecosistemi fluviali: le acque del fiume Feltrino sono classificate di qualità “scadente” secondo i dati ARTA 2009. La capacità auto-depurativa del fiume sembra essere stata pesantemente compromessa: alla già quasi totale mancanza della vegetazione riparia, importante zona filtro, l’unica possibilità che ha il fiume per reagire agli inquinanti è la zona interstiziale iporreica, cioè la porzione cuscinetto tra le acque del fiume e quelle sotterranee, dove si concentra la maggiore attività auto-depurativa, allo stato attuale pesantemente manomessa con gli scavi in alveo. Sono decenni che nelle università si spiega quanto interventi di questo tipo siano dannosi, ma purtroppo si persevera con questi sistemi grossolani.

La Regione Abruzzo nel 1997 ha recepito la possibilità di intervenire con le tecniche dell'Ingegneria Naturalistica in ambito fluviale. La L.R. n. 107/97, “Contributi regionali per il finanziamento dei programmi provinciali di sistemazione idraulica e degli interventi urgenti sul reticolo idrografico superficiale”, recita: “La Regione …omissis…..assume l'attività di costante sistemazione degli alvei fluviali come strategia di tutela e valorizzazione del territorio e come strumento di prevenzione dai rischi di danni derivanti da eventi calamitosi conseguenti ad eccezionali avversità atmosferiche. Tale attività sarà svolta nel rispetto degli ecosistemi fluviali e con modalità e tecniche che privilegino l'ingegneria naturalistica.”

Inoltre, la Deliberazione di Giunta Regionale n. 494 del 30.3.2000 ad oggetto "Atto di indirizzo, criteri e metodi per la realizzazione di interventi sui corsi d'acqua della Regione Abruzzo" ribadisce l’utilizzo delle tecniche di Ingegneria Naturalistica nelle sistemazioni dei corsi d'acqua. In conclusione il Servizio Opere Idrauliche e Gestione Fiumi, mediante idoneo parere, deve garantire che la progettazione degli interventi in ambito fluviale sia effettuata nel rispetto di quanto stabilito dal DGR citato.

Tutto ciò è stato disatteso.

Dichiara ancora il dott. Sante Cericola “Con quei 500 mila euro si dovevano avviare vere azioni di risanamento ambientale facendo funzionare in modo ottimale i depuratori che scaricano sul Feltrino e dotandoli di un sistema addizionale di fitodepurazione per le acque in uscita, per un loro ulteriore miglioramento qualitativo. Si è persa, inoltre, un’altra occasione per avviare una campagna di riqualificazione delle fasce riparie, mettendo a dimora piantine autoctone, cioè ottenute da semi e talee di provenienza locale.

In altre realtà più avanzate si restituiscono al fiume le sue golene diversificando morfologicamente l'alveo, invece che banalizzarlo, il tutto con la finalità di potenziare la capacità naturale di autodepurazione, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. In questo caso, i risultati in termini di funzionalità dell'ambiente fluviale nel suo insieme non tardano ad arrivare, e avrebbero contribuito, anche per il fiume Feltrino, ad una graduale, seppur lenta, riqualificazione verso l’obiettivo di buono stato di qualità imposto dalla Direttiva Acque dell’ Unione Europea”.

Conclude Ines Palena, Presidente dell’Associazione WWF Zona Frentana e Costa Teatina: “Purtroppo si ragiona ancora solo in termini di asportazione di vegetazione e obsolete tecniche di ingegneria idraulica, senza curarsi minimamente di predisporre delle misure di mitigazione e compensazione ai danni fatti. Si parla di migliorare il Feltrino e di farlo tornare vivo mentre gli si danno gli ultimi colpi mortali”.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

In Italia siamo alle solite,chi critica lo fa senza la minima cognizione di causa.Io che l'ho consultato posso dire che,in questo caso,senza aver nemmeno letto le copertine del progetto in questione,visto che lo stesso riguarda opere di ingegneria naturalistica di ultima generazione.
Il progetto,tra l'altro,ha avuto un iter di approvazione lungo ben 5 anni,dov'erano questi "esperti" allora?

Un Frentano ha detto...

Ho letto il suo commento e mi sembra esposto in modo confuso. Limitandomi a quello che ho visto girando nella zona di intervento mi chiedo: dove sono queste opere di ingegneria naturalistica di "ultima generazione"? Conosce l'ingegneria naturalistica? Io sono socio AIPIN e le posso assicurare che il fattore discriminante che caratterizza le opere di ingegneria naturalistica è l'utilizzo di materiale vivo, di piante autoctone, adatte alla condizione di intervento. L’elenco e la descrizione delle tecniche di ingegneria naturalistica si trova nel documento PODIS Ministero dell'Ambiente 2005, cioè il "Manuale di Indirizzo delle scelte progettuali per interventi di difesa del suolo con tecniche di Ingegneria Naturalistica". Camminando per il Feltrino, allo stato attuale, cioè a fine febbraio 2011, io non ho visto realizzare nessuna delle opere dell'elenco ministeriale delle opere di ingegneria naturalistica, ma ho visto solo sbancamenti old-style. Quelli che ho visto io sono interventi su sponde ed alveo fatti come 30 anni fa e semplici scogliere e addirittura teli vari, non è ingegneria naturalistica. Se si riferisce alle scogliere, forse ce la spacciano per ingegneria naturalistica, per credere di fare bella figura. Un'opera di ingegneria naturalistica, lo ripeto, deve avere materiale vivo ripiantato contestualmente alla realizzazione dell'opera. Le piante assicurano, una volta radicate, la reazione attiva alle spinte del terreno e il consolidamento attivo della scarpata nel medio-lungo periodo, rispetto a i materiali morti, passivi, quali i massi. Inoltre le piante ricreano un habitat e assicurano la “capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate”, come ho letto giustamente nell’articolo. Lei lo sa quanta normativa c’è a favore della tutela della biodiversità? Tanta! Tornando alle scogliere, quelle considerate tecniche di ingegneria naturalistica il Ministero le chiama "scogliere VIVE", e ne descrive la realizzazione, che tra l’altro è banale: si devono porre talee e astoni di salice tra i massi, ben conficcare nel terreno. Se ci sono rischi idraulici non si sceglierà di mettere talee di salici bianchi che crescono alti 25 metri, bensì talee di altri salici, a portamento di alberello, ma egualmente autoctoni di quelle zone, come il Salix purpurea, ad esempio e tanti altri, in ambito fluviale.

La invito a consultare il sito dell'AIPIN, Associazione Italiana per l'Ingegneria Naturalistica.
Grazie, bel blog!

Anonimo ha detto...

Le ripeto,se si fosse dato solo uno sguardo al progetto,si sarebbe constatato che le opere strutturali di ingegneria naturalistica previste, riguardano la realizzazione di: 1 - scogliere rinverdite con messa a dimora di talee di salice tra i massi ed al contatto col terreno, inserite in apposite tasche ricavate nel geocomposito; 2 - palificate vive a doppia parete con utilizzo di talee legnose di salice, nocciolo, ontano e pioppo o di altre specie autoctone adatte alla riproduzione vegetale.Inoltre ho letto che saranno anche poste, sia sulla parte superiore che sul fronte esterno della palificata, piante radicate in fitocella, in misura di 5/m2, di specie arbustive pioniere.
La pulizia delle sponde negli alvei fluviali è un'operazione di manutenzione ordinaria necessaria in quanto, la crescita indiscriminata di vegetazione riduce la sezione idraulica di deflusso, circostanza che,in condizioni di moto permanente, si traduce in un aumento della velocità/erosione e aumento del trasporto solido a valle.
Saluti.

Un Frentano ha detto...

Vedremo a lavori finiti se salterà fuori qualcosa di riconducibile all'ingegneria naturalistica ed alle tecniche enunciate nel progetto. Fino alla data di fine febbraio, nulla si è ancora visto. Lei mi fa essere fiducioso, speriamo bene. Riguardo alla pulitura in alveo bagnato e sulle scarpate, sarebbe stata legittima ai fini della prevenzione dal rischio di esondazioni se ci fossero stati reali impedimenti riguardo il restringimento della sezione di deflusso. In realtà da come ho visto in campo è stata una classica risagomatura delle sponde a mò di canale, un modo, da come la vedo io, di giustificare spese ingenti, a fronte di una più semplice ripulitura a limite, di pochi tratti del torrente, con "ostacoli" al deflusso, rappresentati dalle canne, che in alcuni tratti popolavano le sponde, consolidandole e dandogli quel minimo di naturalità. Ps: spero che abbiano messo in conto il fatto che le palificate vive spondali riducono le sezioni di deflusso, a talee cresciute; non vorrei che quello che si pianterà, verrà poi tagliato successivamente per mantenere la vegetazione "elastica".

Come diceva Lei al primo messaggio, siamo in Italia, speriamo bene!